Content marketing: aiuta i clienti per conquistarli

Content marketing: aiuta i clienti per conquistarli

Hai appena visto il protagonista del tuo film perdere l’equilibrio sul bordo dell’infinito e cadere. Giusto il tempo di sentire un urlo di disperazione, di intuire il volo, di immaginare l’epilogo ed ecco che la pubblicità interrompe le emozioni – le spezza e le sbriciola – per raccontarti le virtù della carta igienica. Ebbene, tu che produci profumata cellulosa su se stessa avvitata sappi che meglio, molto meglio, avresti fatto salvare l’eroe, facendolo cadere su morbida e provvidenziale carta igienica.

Ma andiamo con ordine e, come da titolo, parliamo di content marketing.

Cos’è il content marketing

Una definizione sintetica di content marketing potrebbe descriverlo come strategia di promozione di beni e servizi attraverso l’uso di contenuti editoriali – quali articoli, infografiche, gallerie di immagini, video, podcast ed ebook – pertinenti e coerenti con obiettivi e valori aziendali. Scopo iniziale di questi contenuti è dare qualcosa all’utente. Può essere un sorriso, un’informazione, un ricordo, un dato o altro. Qualsiasi cosa egli stia cercando, lo stratega del content marketing – se lo ritiene opportuno – glielo darà, null’altro chiedendo in cambio. Per il momento.

A che serve?

Il content marketing può essere finalizzato a una vendita, all’iscrizione a una newsletter, a fare branding o a raccogliere feedback. In ogni caso, sia esso impiegato in un B2B o in un B2C, il suo obiettivo non si paleserà mai in maniera invasiva e, come la carta igienica nell’esempio in apertura, punterà ad inserirsi contestualmente nella narrazione, piuttosto che interromperla. Ciononostante è vero anche, come sottolinea Engage, che il content marketing non va confuso con il native advertising, il quale rappresenta l’appuntamento rispetto alla più solida e rassicurante relazione. Nel corso di questa relazione, l’azienda raccoglierà i seguenti benefici e servizi:

  1. Awareness, consideration, convertion. Il content marketing è parte importante e consistente dell’inbound marketing e, in quanto tale, punta a rendere l’utente consapevole (awareness) dell’esistenza del brand, a prendere in considerazione i suoi servizi per la soluzione di un problema specifico (consideration) e infine a convertire (convertion) l’intenzione in azione, sia essa l’acquisto di un bene o lead generation, quale l’iscrizione a una mailing list o a una pagina fan.
  2. Targetting. Il marketing dei contenuti si basa su una strategia pull, non push. Vale a dire che esso apre la porta – una porta con tanto di insegna luminosa – a chi vuole entrare. Non è tra le sue mansioni quella del “buttadentro”, che staziona davanti al ristorante e propone il menù del giorno anche a chi è stomacato. Nel caso del content marketing sei tu che hai un problema, sei tu che hai interrogato Google per risolverlo, sei tu che hai trovato noi. I rapporti quasi si invertono, fino a far diventare noi il tuo target.
  3. Autorevolezza. Se racconti ciò che hai fatto, se dimostri che sai ciò di cui parli, trasmetti autorevolezza in maniera molto più credibile di chi usa formule abusate e autoincensanti. Come osservano Luca Conti e Cristiano Carriero in Content Marketing. Promuovere, sedurre e vendere con i contenuti: “Smettetela di usare l’espressione ‘Leader del mercato’. Quantomeno per scaramanzia”.
  4. Link earning. “Essere linkati” resta uno dei principi fondamentali delle strategie Seo, con buona pace di Google, impegnata a dare valore sempre maggiore ad altre variabili e, per la bisogna, a dichiarare guerra a chi compra link. Produci contenuti di qualità, sii competente e utile agli altri: i link in ingresso verranno da sé.
  5. Feedback. La televisione dà sentenze, la Rete invece è conversazione. Chi usufruisce dei tuoi contenuti impara a conoscere te e i tuoi servizi, fa domande, esprime perplessità e dà consigli. Tanta interazione ti sembra noiosa? Pericolosa? Faticosa? Forse hai ragione, ma tieni presente due cose: a) ci sono esperti che possono occuparsi di moderare il dibattito al posto tuo; b) “conversazione” ha la stessa radice di “convertire”.
  6. Storytelling. Il tuo servizio non lo vendi parlando esclusivamente alla parte razionale dell’utente. Quando proponi un software per la gestione del lavoro, non devi solo mostrare ai dirigenti quanto saranno più produttivi, ma anche quanto tempo libero avranno a disposizione grazie alla razionalizzazione del lavoro. Non sei off-topic se parli di un impiegato stressato dal lavoro e di quanto la sua condizione psicologica impatti sull’educazione sentimentale della figlia. Dai una svolta al racconto grazie all’innovazione tecnologica e chiudi la storia con un sorriso: il finale felice metterà le ali al contenuto intrinseco – in questo caso la capacità di aprire il pensiero a soluzioni innovative – e, se supportato da un buon piano strategico, fisserà il tuo brand nella parte inconscia del lettore.

Come si fa content marketing?

Figo il content marketing, ma come si fa? Le variabili cambiano in base all’azienda, al messaggio e ovviamente al budget. Il magazine del Content marketing Institute è certamente utile ad inquadrare problematiche, opportunità e aggiornamenti sulle strategie vincenti, ma nel frattempo diamo di seguito qualche indicazioni sui passaggi fondamentali per creare un piano efficace.

  1. Individua il tuo target. Mettiti nei panni del tuo cliente. Fallo una volta, due, dieci e cento. Riuscirai a riconoscere più idealtipi (buyer personas) potenzialmente interessati al tuo prodotto. Un esercizio di empatia che ti porterà a conoscere quanto un problema specifico – quello per il risolvere il quale è nato il tuo business – influenzi le persone nel lavoro, a casa e negli affetti.
  2. Chiarisci punti di forza e debolezze della tua azienda. Non sei il primo e non sarai l’ultimo a fornire esattamente quel bene o quel servizio per cui hai fondato la tua azienda. Niente paura: mettiti al tavolo ed individua cosa hai in più dei tuoi concorrenti e cosa di meno. Per aiutarti con l’analisi SWOT, che ti permette di “scomporre” il tuo business e, al tempo stesso, di guardarlo in maniera sintetica.
  3. Decidi i contenuti. Aiutati con i tool di web analysis e, tanto per cominciare, con quelli gratuiti: “Strumenti di pianificazione” del Keyword Planner, “Answer the public”, “Google Trends” e “Google Suggest”. In questo modo avrai un’idea chiara di cosa cerca il tuo potenziale cliente sui motori di ricerca e di quali sono le sue problematiche. Poi metti giù un piano editoriale, consapevole di dover giocare la partita su Google e sui social network. Sensibilità social e Seo sono competenze irrinunciabili.
  4. Decidi i canali di distribuzione social. Facebook, Instagram, Pinterest, Linkedin, Whatsapp, email e chi più ne ha, più ne metta. A te non interessa essere ovunque, ma solo laddove abita il tuo potenziale cliente ed è disposto ad ascoltarti.
  5. Definisci valori e carattere. Ogni azienda imprime la propria impronta nel mondo. Essa ha contorni precisi e devi riconoscerli. Se produci etichette, puoi pensarti piccolo e insignificante… oppure – tu che con le tue etichette permetti di dare un nome alle cose – puoi ricordare a tutti che, dopotutto, anche “in principio era il Verbo”.
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