Scrivere un libro e scrivere per i social: due mondi diversi?

Scrivere un libro e scrivere per i social: due mondi diversi?

Quali sono le differenze tra la stesura di un testo per i social e uno storytelling di tipo narrativo? Il nostro Social Media Manager Massimo Junior D’Auria, grazie alla sua esperienza in entrambi i settori, ci spiega come differenziare gli stili di scrittura.

Lo storytelling, cioè il racconto, è alla base della scrittura, che sia per i social o per un testo di narrativa.

A dispetto di quanto si possa pensare, infatti, ci sono molti punti in comune tra la scrittura di un testo in prosa e un post per i social; per quanto il linguaggio possa essere diverso, si tratta pur sempre di raccontare storie con un inizio, un eroe – ostacolato da un antagonista – che deve compiere una missione e una fine. 

Si tratta di una struttura comune a tutte le storie; infatti, il primo consiglio che mi sento di dare e che vale più di ogni altra cosa è questo: il primo passo è leggere!

Non si può scrivere senza leggere: è come se ci si mettesse a fare il meccanico senza conoscere il funzionamento delle auto o delle moto. Nessuno andrebbe da un meccanico che confonde il radiatore con l’albero motore.
Ci sono regole ben precise che valgono sia per un post sui social sia per un racconto o un romanzo.

Bisogna prima di tutto avere bene in mente la storia che si vuole raccontare, sia che si narri l’avventura di un giovane alle prese con le prime delusioni amorose, sia che si voglia parlare di un prodotto.
Mai navigare a braccio: l’utente o il lettore se ne accorgerebbe subito.

Quindi basta raccontare una storia? È tutto qui?

No, per nulla. Bisogna anche creare il proprio stile.
Questo però non vuol dire che per ogni social o cliente i post debbano essere uguali: è impensabile che un ristoratore su Facebook abbia lo stesso Tone of Voice di una multinazionale su Linkedin. Mai parlare con la stessa voce

Questo è importante anche in termini narrativi. Un errore che si fa spesso è far parlare tutti i propri personaggi nello stesso modo; così sono solo sagome, emanazioni dell’autore che non vivono vita propria.

Un senzatetto che ha a stento la licenza elementare e che non ha mai aperto un libro in vita sua parlerà in maniera diversa da un laureato con l’hobby della lettura. Purtroppo, non sempre si è capaci di individuare il giusto Tone of Voice

Quindi, sia nella comunicazione sul web che in narrativa, bisogna differenziare la propria voce in base ai clienti e al social di riferimento nel primo caso, focalizzandosi sui personaggi nel secondo.

Okay, ma allora lo stile dov’è?

Lo stile deve essere un substrato nello storytelling social o narrativo; deve essere qualcosa che c’è, ma non si vede. Una sovrastruttura che regala alla narrazione commerciale o in prosa quel “quid” in più che permette di emergere, di non essere un “emettitore di post” qualsiasi. 

Badate bene però! Questo non vuol dire essere barocco, manierista o usare dodicimila avverbi o aggettivi. 
Occorre asciugare il testo in continuazione: gli aggettivi e gli avverbi sono belli, possono denotare una certa proprietà di linguaggio, ma l’utente vuole sapere perché scegliere un prodotto specifico invece di un altro ed etichettarlo come “strepitoso” non servirà a nulla. 

Allo stesso modo, il lettore non vuole sapere per partito preso che il protagonista del romanzo distopico ambientato nel Regno delle Due Sicilie che sta leggendo è un tipo coraggioso: vuole leggere la storia e scoprire il carattere di Ciro, questo il suo nome, da come si svolge il racconto! 

Ed arriviamo così alla regola aurea: Show, don’t tell!

Lo “Show, don’t tell” è davvero così importante? Sia nella narrativa che nella comunicazione sul web?

Lo “Show, don’t tell” è uno dei motivi principali per cui si legge una storia, altrimenti basterebbe limitarsi a leggere la scheda wikipedia di un determinato libro. Basterebbe quello per conosce solo la storia, no? 
Un lettore invece vuole sapere perché succedono determinate cose, vuole che il protagonista si qualifichi per le sue azioni e non perché il narratore lo giudica in tal modo. 

I narratori invadenti sono come quelle vecchine che appena hai superato i vent’anni ti chiedono quando metterai su famiglia. Non piacciono a nessuno. 
Ma questo come si lega alla comunicazione sul web? Immaginiamo che ci sia la necessità di creare un piano di marketing intorno a un prodotto rivoluzionario; limitarsi a dire con aggettivi, avverbi e altro che è rivoluzionario farà scappare eventuali clienti, perché i panegirici sui prodotti sono un po’ troppo interessati per apparire genuini. 

E quindi? Come si fa allora? Occorre cercare di creare una narrazione intorno al prodotto, spiegare perché è rivoluzionario senza esplicitarlo, mostrando le sue caratteristiche, spiegandole con dovizia di particolari, non essere invadente e diretto.

Sapete qual è un’altra cosa che non piace a nessuno? I venditori porta a porta.

Ma allora, se so scrivere narrativa, posso scrivere sui social o il contrario?

Non è detto che tutti sappiano scrivere tutto: un grande romanziere potrebbe essere un pessimo copywriter o il contrario.

Sicuramente, avere dei fondamenti di storytelling, conoscere di cosa si parla, facilita la migrazione verso una delle due carriere. Meglio però non darlo per scontato, che è un consiglio buono per qualsiasi aspetto della vita.

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